La Storia - Sito ufficiale della Contrada di Voltaia

Contrada di Voltaia
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La Storia

Il centro storico della città di Montepulciano è racchiuso all’interno di ben tre cerchia di mura. Non sappiamo con certezza quando fu costruita la prima cerchia, ma possiamo dire che il colle già presentava, ai suoi primi abitatori, una capacità difensiva notevole, essendo il primo nucleo abitato, ubicato sulla sommità del colle, che era formato da un grande «Sasso» aspro e scosceso, che andava dall’attuale Fortezza fino alla metà dell’attuale via Ricci.
Da lì si era formata una sella, dalla quale si risaliva poi sull’altro «Sasso» dirupato e audacemente proteso verso le valli sottostanti, dove poi sorse la chiesa di S.Margherita del Sasso che nel 1268, grazie ad un breve di Papa Clemente IV, fece posto alla duecentesca chiesa di San Francesco.

Le prime mura circondarono entrambi i «Sassi», perciò possiamo ipotizzare che i primi e più antichi abitatori del colle, si accontentarono delle difese che offriva la natura stessa del luogo, mentre forse intorno al Mille, prima ancora che i senesi prendessero di mira la prosperità e l’opulenza della nostra Comunità, i Poliziani costruirono le prime difese, collegando con brandelli di mura le varie rocce sporgenti chiudendo perciò quella parte di pietra o tufo che rimaneva tra un sasso e l’altro, riempiendo quei vuoti che la natura stessa aveva creato, per evitare che le protuberanze e gli anfratti facilitassero la scalata dei nemici e degli assalitori fino a dentro alla città. A quei tempi gli abitanti di Montepulciano erano dentro il Castello, tuttavia molti di essi vivevano ancora in piccoli sobborghi situati in luoghi appartati ed abbastanza protetti del territorio intorno al Castello, come abbiamo visto sopra.

Il territorio allora racchiuso dalla prima cerchia di mura comprendeva le antiche Contrade di San Donato e Talosa. Con l’inizio delle scaramucce causate dagli attacchi dei Senesi al territorio del Libero Comune di Montepulciano, gli abitatori delle campagne, che erano prevalentemente raggruppati in quei piccoli villaggi non strutturati, eredi forse dei «Casali» di epoca longobarda, i cui nomi ritroviamo tuttora nella toponomastica ufficiale ed anche in quella popolare, cominciarono a sentire la necessità di ritirarsi dentro le mura del Castello o nelle vicinanze, certi di potersi giovare di una difesa reale più che psicologica ed apparente.

Perché in caso di attacco del nemico quegli abitanti sarebbero stati pronti a varcare le porte della città, dove venivano accolti dalla Comunità e riparavano così in case di parenti o in conventi o si accampavano intorno alla Rocca o nella piazza o in qualsiasi luogo che permettesse un minimo di difesa necessaria per la sopravvivenza.
A causa di questo necessario accostarsi dei cittadini dei sobborghi, alle mura del Castello, in quel tempo sorsero intorno alle mura più antiche, alcuni gruppi di case, sia nella parte bassa del 17 colle che nella parte mediana. Queste borgate erano formate da case piccole, che inizialmente saranno state poco più che capanne; poi con il passare del tempo presero sempre di più l’aspetto di quelle case, che ancora oggi riusciamo ad individuare come brandelli di architetture medievali ancora presenti e visibili nelle facciate degli edifici rinascimentali di Montepulciano.

L’architettura medievale

La casa del medioevo era una costruzione che nella facciata presentava al piano terra due archi gotici; al piano rialzato due grandi finestre ad arco gotico con o senza una o più colonnette (bifore o trifore etc.); mentre al secondo piano le finestre erano di solito più piccole. La casa aveva dunque due piani sovrapposti al piano terra dove erano i fondachi, i magazzini ed altri vani di servizio, che erano protetti dai due archi gotici che formavano un loggiato dove si allestiva il banco di vendita – se era la casa di un commerciante o di un cambiavalute –, oppure il banco di lavoro per le attività artigianali.

I banchi godevano perciò della luce naturale che favoriva la migliore esecuzione del lavoro a minori costi e maggiori guadagni, perché la cera delle candele o l’olio subivano spesso degli aumenti di prezzo.

Sotto la loggia, c’era un portone, da cui partiva una scala che saliva al primo piano dove, se vi abitava un professionista, ad esempio un notaio o un avvocato esperto dell’una e l’altra legge, cioè che era laureato sia in Diritto Civile che in Diritto Canonico, vi avevano lo studio ed allo stesso piano c’erano anche la cucina, la camera o le camere ed altri servizi.

La scala proseguiva poi fino al terzo piano dove erano altre camere o le camere di servizio, le soffitte ed il solaio.

La seconda cerchia di mura include Voltaia

Fu così che nel 1157 il Papa inglese Adriano IV fece costruire la seconda cerchia delle mura di Montepulciano che, partendo sempre dalla Fortezza, circondò e racchiuse la Contrada di Collazzi con la sua porta, detta anche di Totona; la Contrada del Poggiolo, dalla Porta di San Francesco in giù ed appunto la Contrada di Voltaia con la Porta della Cavina. Passavano gli anni e la Contrada di Voltaia sentì la necessità di avere una sua chiesa, così nel 1236 fu costruita la chiesa di San Bartolomeo, praticamente al centro della Contrada, adiacente alle mura del Sasso, al di sotto della strada che correva ai piedi del Sasso, appunto la Via Pie’ al Sasso. La chiesa disponeva di un appezzamento di terra posta in salita, sul retro della chiesa stessa, che fu detta «Orti di San Bartolomeo». In quel luogo, oltre all’orto del rettore della chiesa, c’era un pozzo, detto il «Pozzo di Voltaia», tuttora esistente all’interno di una proprietà privata, costruito in modo di poterlo ispezionare tutto intorno alla cisterna;

il cimitero dove, oltre che in chiesa, venivano sepolti uomini, donne e bambini della Contrada ed anche coloro che morivano nell’ospedale di Santa Maria della Cavina. Ma prima della chiesa di San Bartolomeo costruita appunto nel 1236, come attestano documenti dell’Archivio Vescovile doveva esistere una cappella ad uso degli abitanti della Contrada, perché in un lodo che riguardava Montepulciano, emesso a Farneta presso Cortona il 17 ottobre 1195, che chiudeva la vertenza sorta tra il Vescovo d’Arezzo e quello di Chiusi, si fa menzione del cappellano della chiesa di Voltaia e di quello della chiesa di Cagnano.

La nascita della Contrada di Voltaia

Nacquero dunque questi borghi o agglomerati di case, perché gruppi più o meno numerosi di abitanti si staccarono dai luoghi dove fino ad allora vivevano e si trasferirono in luoghi dove la difesa sarebbe stata per loro più facile e la vita più sicura. Tra quei sobborghi nascosti, come dicevamo, nella campagna alle pendici del colle, c’era Voltaia, un gruppo di case ubicate nella villa detta della Fornace o Fornace al Sasso, raggruppate intorno ad una chiesetta intitolata a S.Giovanni. I suoi abitanti decisero di ritirarsi intorno alle mura della città esattamente dove oggi si estende la Contrada omonima. Costruirono le loro abitazioni al di fuori della «Porticciola», situata dove la strada, che dalla Piazza Grande scende verso l’Opio, si stringe e fa una curva ad angolo retto ed è stata demolita nell’Ottocento. Con il passare degli anni quel borgo accoccolato nella ripida costa ai piedi delle altissime mura del «Sasso» assunse il nome di «Voltaia», come il villaggio denominato «Voltaia Vecchia», dal Podere San Giovanni, arco gotico e rosone sovrastante relativi all’antica Chiesa di San Giovanni Voltaia vecchia 19 quale provenivano i suoi abitanti, tanto che la chiesa al centro di quel territorio, prossimo all’attuale Santuario della Madonna della Querce a Poggio Prato ed al torrente Salcheto, prese il nome di «S.Giovanni Voltavecchia o Voltaia Vecchia», (così la troviamo menzionata in vari testi e documenti). La nuova Voltaia, con il tempo si arricchì di case di abitazione, di fondachi, di botteghe artigiane. Era diventata un vero e proprio borgo, con molti abitanti, e la comunità di Montepulciano sentì la necessità di proteggerla con maggiore impegno e conforto.

L’età ed il nome della Contrada di Voltaia

È interessante e sorprendente allo stesso tempo, rilevare come la rivitalizzazione delle Contrade, avvenuta nel 1974, sia distante meno di due secoli dalla testimonianza che ne fa l’ultimo documento da me ritrovato, almeno per quanto concerne la Contrada di Voltaia. Stando così le cose si può affermare, come ho già detto, che la Contrada di Voltaia è nata di fatto, come entità territoriale, ma forse non ancora dal punto di vista giuridico, nel 1157 (in precedenza era un borgo fuori delle mura), quando Papa Adriano IV fece edificare la seconda cerchia di mura, perciò nell’anno 2007 ha compiuto 850 anni di vita e con lei hanno compiuto 850 anni le Contrade del Poggiolo e di Collazzi. Invece le Contrade de Le Coste, di Gracciano e di Cagnano compiranno 800 anni nel 2093, pertanto nel 2008 esse compiono 715 anni.

Tutta un’altra cosa per le due Contrade più antiche di Montepulciano, S. Donato e Talosa delle quali non conosciamo la data di nascita precisa, tuttavia non possono avere meno di 1.000 anni. Il nome della Contrada di Voltaia ed il suo significato sono avvolti nel mistero ed ancora oggi non ci è dato conoscerne l’origine.
Ad uno sguardo superficiale saremmo portati a pensare che il nome derivi dalle volte presenti nel territorio della Contrada (logge del grano e archi del vecchio ospedale). Ma questa ipotesi è assolutamente infondata perché è certo che Voltaia era già il nome dell’antica parrocchia di S. Giovanni Voltaia vecchia dal cui territorio si spostarono coloro che vennero a fondare il borgo che si trasformò poi in Contrada.
La denominazione «Voltaia Vecchia» la troviamo già nel 1276, nelle «Rationes Decimarum» della Tuscia, relativa alle Pievi appartenenti alla giurisdizione del Vescovo di Chiusi. Nello stesso decimario (1274-1275) troviamo anche la chiesa di San Bartolomeo in Voltaia, appartenente alla giurisdizione 23 del Vescovo di Arezzo.

Se la denominazione di Contrada di Voltaia deriva dalla chiesa e dal luogo di provenienza dei suoi abitanti è evidente che nulla ha a che vedere con le volte e gli archi oggi compresi nel suo territorio. Infatti le logge del grano sono rinascimentali e gli archi del vecchio ospedale sono stati edificati nel XVIII secolo. È possibile che al posto delle attuali logge del grano vi fosse un edificio medievale provvisto anch’esso di volte, ma rimane il fatto che il nome «Voltaia» nasce all’esterno del territorio della Contrada. Si rende perciò necessario uno studio etimologico che ancora non mi risulta sia stato intrapreso, tuttavia possiamo elencare alcune diverse forme nelle quali troviamo quel nome: Voltaia, Voltaria, Vultaia o Ultaia o Wltaia ed altri. Se proviamo a riflettere sembrerebbe che il nome Voltaia abbia una derivazione longobarda. Ma si potrebbe formulare anche una seconda ipotesi, che mi sembra altrettanto plausibile. Voltaia potrebbe derivare da Vòlta, che secondo il Dizionario Etimologico Italiano ha il significato di «curva, piegatura di strada o di fiume» e se non sbaglio il torrente Salcheto, proprio nelle vicinanze di Voltaia vecchia fa un’ansa girando intorno al poggio; ma anche la strada in quei pressi curva per poi dirigersi verso il bivio per Cervognano. Le mie sono solo ipotesi che, non in contrasto tra loro, sono destinate ad alimentare riflessioni e discussioni. Ad esempio, nella valle del Paglia, lungo la via Francigena, già intorno all’VIII o IX secolo, esisteva una località chiamata Voltole o Voltiole o Uoltiole dove era una chiesa dedicata a San Pietro, il cui toponimo, secondo gli storici, che hanno pubblicato un saggio sulla storia dell’Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata (cfr. Bibliografia), è legato alla viabilità. Oggi esistono due poderi in val di Paglia che ricordano quel toponimo: Voltole e Voltolino. Sia Voltaia che Voltole indicano che la strada o le strade che le lambiscono, in quella zona fanno una o più curve o «vòlte» appunto. Voltaia sembra avere la stessa radice di Voltole e lo stesso significato ed anche la stessa origine, appunto longobarda, perché la via Francigena fu costruita proprio dai Longobardi. Inoltre, la cittadina di Piancastagnaio, 24 che è situata alle pendici dell’Amiata e si affaccia sulla valle del fiume Paglia, ha un terziere che porta lo stesso nome di «Voltaia» ed anche quella cittadina era parte delle proprietà del Monastero di San Salvatore sull’Amiata fondata anch’essa dai Longobardi della corte di Pavia. Non saranno prove definitive, tuttavia queste argomentazioni rendono molto probabile una comune derivazione.

Gli stemmi, i simboli e la sede attuale della Contrada di Voltaia
L’araldica ha origine all’incirca verso l’XI secolo, ma non sappiamo quando le Contrade furono dotate di stemmi, né quale fu allora la sintesi che portò ad immaginare quelle figure, né sappiamo quale attinenza possano avere quelle immagini riprodotte ancora oggi negli scudi delle Contrade con ciò che le caratterizzava ai tempi della loro nascita. La simbologia dello stemma della Contrada di Voltaia attualmente in vigore, ricalca nella sua essenzialità, ed in modo molto superficiale, attraverso le «volte», il nome della Contrada stessa. La raffigurazione di Voltaia attraverso le volte, a me è sembrata da sempre abbastanza banale quanto frettolosa.

Alcuni anni fa mi è capitata fra le mani la fotocopia di un quaderno manoscritto e disegnato in maniera molto approssimativa, dove tra gli altri troviamo sommariamente raffigurato lo stemma di Voltaia, che qui descriviamo: lo scudo non sembra bipartito, né sono indicati i colori.

A prima vista credo di identificare quell’immagine con: «la verga di Esculapio, ovvero un bastone con un serpente attorcigliato, ed in basso a destra un riccio rampante. In alto a sovrastare il bastone un lambrecchino che forma alcune volute a destra e a sinistra del bastone».

Potremmo però anche identificare quel disegno nello stemma dell’Ordine dei Servi di
Maria che ressero la chiesa di San Bartolomeo, dove era eretta la Contrada di Voltaia fino dal 1355, cioè da quando la chiesa di Santa Maria venne demolita per dare maggiore spazio alla Fortezza senese.

Trovo lo stemma dell’Ordine dei Servi di Maria descritto nel volume, «Insegne e Simboli» di Bascapé e Del Piazzo edito dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Roma 1983, nel modo che segue: Servi di Maria o Serviti: Di azzurro alle lettere S.M. (Sancta Maria) d’oro, coronate da una corona di sette gigli al naturale. (Ma nella Biccherna senese 48, del 1457 appare: Di nero alla S maiuscola d’oro intrecciata ad un giglio dello stesso). A me sembra che la descrizione della Biccherna senese sia abbastanza somigliante al disegno sopra descritto e posso affermare che essa rappresenta una credibile alternativa alla Verga di Esculapio. Tuttavia le ritengo entrambe credibili e possibili visto che la prima ricollega la Contrada alla presenza nel suo territorio dell’Ospedale di Santa Maria della Cavina e la seconda la riallaccia con la chiesa di San Bartolomeo dove erano insediati i Servi di Maria.


(Fonte: dal libro Contrade di Montepulciano "Voltaia" di Mario Morganti)

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